LUNARIO PARMIGIANO
Zuggn
Par San Pédor
al fér da médor
LE IPERBOLI DI
FLORO DETTO “BARBIZ”
Muratore langhiranese arguto, originale, diverso, intelligente,
folle. Di lui si ricordano e raccontano decine di episodi esilaranti. Solo
qualche esempio del suo linguaggio zeppo non solo di iperboli,
metafore, similitudini iperboliche, ma tendente ai barocchismi estremi degni
talvolta di Gongora e dei suoi seguaci.
“Barbiz” abitava sulla strada ripidissima e
tortuosa che da Langhirano conduce alla frazione di Mattaleto.
Su quella strada il dottor Cozza, sempre di fretta e in ritardo, transitava a
tutta birra con la sua “
“Barbiz” alla fine non ne poté più. Si mise un
mattino sulla strada e costrinse la “
“Dotór, ch’a t’ véna tant acidént con cuanti virgoli a s’ pól fär con
un bastimént äd matiti…”
·
S’a
t’attarcord al nòmm ‘dla to méstra
‘d prìmma e ‘n t’ sè pu indò t’è miss la machina
a t’si in pjén’na arterio
sclerosi.
·
Se
vón ‘d sant’an’ al diz ch’al se sénta cme vón ‘d trenta
l’é béle vóra ch’al comincia la cura…
IL VERNACOLO – DA “ELOGIO DEL DIALETTO” DI R.PEZZANI
“…Il vernacolo non è soltanto linguaggio rusticale
di una contrada, ne è il colore e il sale. E' l'idioma domestico destinato a
improntare per sempre sulle nostre labbra di inconfondibili
flessioni e cadenze la lingua nazionale...Se il linguaggio nazionale è un
tesoro che si guadagna nell'esercizio della scuola e nella pratica di un gusto
e d'una inclinazione, il dialetto ce lo troviamo nel sangue e sulla lingua come
l'uccello il canto…."
1617 - Giunge a Parma l'illustre Architetto B. Aleotti. Vi rimarrà fino a marzo 1618. Trasformò
Teatro
è delimitato da un’ampia gradinata coronata da due ordini di logge per gli
spettatori. Il
Teatro Farnese fu inaugurato solennemente nel 1628.
Sibrón:
(scarpe grosse) - Géngla o génglen’na: (uova dei pidocchi) - Pia la brónza (si dice di persona che accende
la discussione poi scompare) - Boridola (gioco in
cui si lanciano in alto figurine o monetine) - Fär i simitón (farsi
desiderare) - Sméli (detto a persona svelta) - Gudass (padrino della cresima. È interessante notare che
a Modena si dice “Guidas” da guida. Il padrino infatti deve aiutare i genitori a “guidare” il giovane) - Nózi goghi (Grosse noci “matte”, non commestibili) - Sonzé (parte
grassa dei suini e non soltanto. È la parte
che fornisce il miglior strutto)
(Luciano Porcari)
ANNIVERSARIO
ODOARDO FARNESE (1612 – 1646)
Ricorre
quest’anno il quattrocentesimo anniversario della nascita di Odoardo Farnese. Quinto Duca di Parma e
Piacenza dal 1623 al 1646. Sotto la tutela della madre Margherita
Aldobrandini e dello zio, il Cardinale (suo omonimo) Odoardo Farnese, succede al Ranuccio
I° all’età di soli 10 anni. Appena quattordicenne
governa già direttamente il Ducato e progetta un piano ambizioso per
conquistare il Milanese e la corona di Re. Sconfitto nel 1637 dagli Spagnoli,
rivolge le sue mire su Napoli, ma anche questo progetto fallisce per il mancato
appoggio del Papa (1639). Tre
anni dopo mise guerra ai Barberini e a
Urbano VIII°
che avevano cercato di togliere ai Farnese la fortezza di Castro.
Durante la sua ducea si registra la grande peste che nel 1630, fra
Parma e Piacenza, farà circa 130 mila vittime. Il suo matrimonio con Margherita
de’ Medici sarà al centro di imponenti manifestazioni
di giubilo e il teatro Farnese ospiterà grandiose feste con musiche di
Monteverdi, caroselli di Cavalieri e inondazione della platea.
CME SA FUSS ADÉS -
La castagnén’na l’era vestida äd nigor a cominciär dal fasolètt d’incò finn’a aj
supè. D’ogni tant l’infilsäva ‘na man sotta al scjal,
la scarugäva un po’ e la
tiräva fóra ‘na tabachéra lusstra
cme chisà a fòrsi äd dróvärla. La l’arviva, la n’in ciapäva su un psigotén con du did e po’, cól did gros, la s’al carcäva su pr’i buz dal näz. D’ogni tant, cól fasolètt la s’ sugäva ‘la gòssa e po’, par tutt al témp, la seguitäva a fär vént cól scarmaj. La gh’äva sémpor la grénta. L’an soridäva gnan’ s’la vinsäva al lot, mo dal so’ fogón, nigor cme le, gnäva fóra un profumm ch’al limpiva tutt al borogh e ‘l riväva fin’na in cél. Sa stricch
j’oc’; al patonén, la bombonén’na e la castagnén’na a j’a vedd ancòrra
li davanti al portón äd la scóla cme si fuss’n ancorra
lì, cme sa fuss adés. (A.Me)
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