STORIE, ANEDDOTI E BATTUTE
a cura di Giuseppe Mezzadri

PERSONAGGI PARMIGIANI

Chi-Chi


Monumento a Corridoni

Il “Chi-Chi” aveva un carattere mansueto, ma quando beveva, a volte, si sentiva in vena di attaccare briga.

Una sera, dopo avere « caricato » parecchio in compagnia di un amico, disse a quest'ultimo:

« Andèmia par fascista ? » . (Andiamo a caccia di fascisti ?)
« Mo si! », rispose l'amico che non aveva bevuto di meno.

Andarono da « Giglén », e si appostarono.
Non dovettero attendere molto perché entrò un uomo che, agli occhi  del Chi-chi, apparve un perfetto esemplare di fascista.

« Lalù al gh'à la facia da fascista! ».

Disse all'amico che si trovò subito d'accordo.

« Fascista! » gridò al nuovo venuto che si guardava attorno senza capire a chi dicesse.

Allora il Ghi-Ghi gli si avvicinò e, puntandogli un dito sotto il naso, gridò di nuovo:

« Fascista! Al so veh ch'a t’ sì un fascista ». (Lo so che sei un fascista)

« Fascista a mi? » esclamò indignato lo sconosciuto allungando una sberla al Chi-Chi, che cominciò a scappare girando attorno ad un tavolo.

L 'uomo però era molto alto, e con le sue sberle, riusciva a colpirlo anche attraverso il tavolo.

 « A riväva dill s'ciafi dapartutt, a n'ò mäi vist di bras acsì longh ». (Arrivavano sberle da tutti i lati. Non ho mai visto braccia così lunghe)  raccontava in seguito il Chi-chi.

 

UNA PARTITA TRUCCATA

Il Chi-chi passò un brutto momento anche in un'altra occasione.
Si era negli anni 50 ed egli giocava a « concia », da Giglén, con un avversario disposto, come lui, a giocare d'azzardo.
La fortuna era dalla sua parte anche perché, per non rischiare, egli si  era accordato con i due compari che contavano i punti; uno per ciascun giocatore.
Il Chi-chi vuotò le tasche del suo avversario che, incautamente si giocò, oltre che i soldi, anche il carico di un camion pieno di legna da ardere che aveva in strada.
L 'uomo, che abitava a Fornovo, tornò a casa con il camion vuoto. Il danno non era piccolo perché la legna era una merce preziosa e ricercata. A suo fratello la cosa non piacque molto e decise di affrontarla a modo suo.
Egli era il famoso « Càto », un partigiano noto perché non aveva paura  nemmeno del diavolo. Si raccontava che, durante la guerra, egli avesse il coraggio di venire in città in motocicletta con il mitra sotto il tabarro disposto ad usarlo nel caso fosse stato fermato da una pattuglia di tedeschi.
Il « Càto » volle conoscere dal fratello il nome del locale e si fece dare una sommaria descrizione dell'uomo che lo aveva vinto a “concia.”
Inforcò la moto e, arrivato in città, piombò dritto in Via Imbriani.
« Gh'é 'l Càto », gridò qualcuno al Chi-chi che si sentì gelare il sangue.

« An gh'é miga 'n'ältra porta? » chiedeva smarrito all'oste mentre il Càto avanzava con determinazione. I dieci minuti che seguirono furono, per il Ghi-ghi, indimenticabili.

STORIE, ANEDDOTI E BATTUTE

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