STORIE, ANEDDOTI E BATTUTE
a cura di Giuseppe Mezzadri

LEZIONI DI DIALETTO
  II  lezione


Archivio comunale

SECONDA LEZIONE
Vittorio Botti

LA SCRITTURA NEL DIALETTO E LA SUA EVOLUZIONE

Raddoppio della consonante finale

Si è già fatto presente nel precedente incontro che indica una pronuncia rapida:

Es. Pòss  (pozzo)

(distinto da Pòs = posso e Pòz = poso)

Es. Pèss (pesce)

(distinto da pés = peggio)

 

Es. Òmm (uomo)

Es. Ròssa (rossa)

Es. Riss (riccio)

Es. Mèss (messo)

(distinto da Méz  = mese o mezzo)

Ena, -ina, -ona , -una

Le parole italiane che finiscono in:

-ena, -ina, -ona, -una

Si traducono con:

-en’na

-on’na

Es. Sren’na (serena)

Es. Cantén’na (cantina)

Es. Paton’na (pattona)

Es. Fortón’na (fortuna)

«La grafia con apostrofo intermedio è suggerita dall’effettivo distacco di pronuncia tra la prima parte della parola e la sillaba finale –na;

altrimenti tali parole si leggerebbero erroneamente con la pronuncia italiana di parole come antenna, donna, penna»
(Bocchialini – «Dialetto vivo» pag. 22)

Trasformazione delle consonanti doppie

A differenza dei casi precedenti, nei quali una consonante «n» viene raddoppiata, il dialetto tende a trasformare le consonanti doppie in semplici.

Esempi:

Fisär (fissare); Giasa (ghiaccio); Guéra (guerra); Pasion (passione); Rotura (rottura); Sabja (sabbia); Toron (torrone)

Metatesi  (Trasposizione di suoni all’interno di una parola)

Es. Cardù (creduto; Cräva (capra); Frär (fabbro); Gionvot (giovanotto); Plugga (pulce); Preda (pietra).

Nessi consonantici interessanti

Bic’rén  (bicchierino)

Cridär   (piangere)

Bzär    (pesare)

Fnissni  (finiscono ?)

Ciac’ri  (chiacchiere)

Bòcla           (orecchino oppure addéntala): la scelta del significato si desume dal contesto.

Pchè          (peccato)

Zgranfgnär (graffiare)

Mètogla     (metticela)

Vciara        (vecchiaia)

Mètla         (mettila)

Psär           (rappezzare)

 

 

«gl» con «g» palatale

Es. Proteg’la (proteggila)

«gl» con «g» gutturale

Es. Fógla      (affogala)

Due amiche si incontrano:

“Alora sit stada dal dotor ?”
“Si”
“Co’ t’àl ditt ?”
“Ch’a staga a ripoz. Riposo assoluto, l’à ditt”.
“E to’ marì co’ t’àl ditt ?”
“Ch’a cambia dotor “

 

Modo di dire che la dice lunga sulla fiducia che i nostri vecchi avevano degli istituti di credito:

“Sold in banca e rud int la masa, i n’àn maj frutè a nisson”

Un modo di dire molto usato un tempo era il seguente:

“Chi gh’è la bala e la mostra”.

Significa che è il momento della verità e se c’è un inganno salta fuori.

Ho chiesto al prof. Guglielmo Capacchi da dove derivasse il detto ed egli mi ha questa interessante spiegazione.

Un tempo i negozi di abbigliamento vendevano la stoffa in “tagli” dai quali poi si ricavavano i vestiti su misura. Il negoziante, di norma, teneva nel retro la “Bala” cioè la stoffa arrotolota, in metratura e, in vetrina, ne metteva  solamente una pezza, la “mostra”. Il cliente poteva pensare che la stoffa in vetrina fosse di qualità superiore rispetto quella in magazzino. Il commerciante, per fugare questo dubbio, prendeva dalla vetrina la “mostra” e, tenendola vicino alla “bala”, dalla quale avrebbe tagliato il pezzo da vendere e iceva:

“Chi gh’è la bala e chi gh’è la mostra”

Cioè non ti ho imbrogliato.

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