STORIE, ANEDDOTI E BATTUTE
a cura di Giuseppe Mezzadri

STORIE DI NATALE


Teatro Regio

DON DAGNINO IN “BARACCA”

Era la notte di un ultimo dell'anno; era molto tardi e don .Dagnino stava rientrando camminando di buon passo in via D'Azeglio.

Gli si affiancò un'auto dalla quale tre giovani, ridendo, osservarono:

"Guarda, é stè a balär anca al pret!" (Guarda, è stato a ballare anche il prete)

"Si, son propria stè in baraca", (Si, sono proprio andato in baracca)

rispose il sacerdote.

"Se stäva ben?" (Si stava bene?) 

chiesero i giovani che si stavano divertendo.

"Bombé. Ansi sa vrì agh podemma andär ancorra tutt in compagnia". 
(Molto. Anzi se volete possiamo andarci ancora tutti in compagnia)

I giovani stettero al gioco e lo fecero salire in macchina.

Il prete li portò davanti all'Ospedale dove era stato a fare l'assistenza notturna ad un malato.

"Ecco indò son stè a baracär!" (Ecco d ove sono stato a “baraccare”).

I giovani, un po confusi, si profusero in mille scuse.


PADRE VIOTTI

Padre Giuseppe Viotti è un missionario saveriano di 78 anni, quindici dei quali passati in Africa, sempre gioviale e di buon umore. Dispensa volentieri pensieri che fanno riflettere conditi con battute o storielle divertenti. E’ uno specialista nei giochi di parole. 

Quando il superiore Generale dei saveriani chiamava p.Marini diceva: “Noi saveriani siamo tutti sottomarini”. 

Sapendo che io amo il dialetto mi disse: “Sai, Giuseppe che noi missionari, tutte le sere, in Casa Madre, preghiamo in dialetto? “ Sorpreso e incredulo esclamai :”Possibile?” “Certo”, spiegò scandendo meglio le parole :”Preghiamo, indi a letto”.

In un’altra occasione, la padrona della casa in cui eravamo ospiti, ci aveva già servito una buona fetta di torta e insisteva perché ne prendessimo una seconda. Il missionario l’accettò di buon grado e, con simpatica autoironia, spiegò: “Preti e polli mai satolli”. 

La signora voleva anche che accettassimo un secondo bicchiere di vino bianco ma questo lo rifiutò dicendo: “Non vorrei che poi mi chiamassero “beverendo”.” 

Alcuni esempi di pensieri semplici ma profondi al medesimo tempo: “Ha diritto di giudicare solo chi giudica per amare”. 

E anche: “L’orgoglio muore tre giorni dopo la morte.”  

Raccomanda a tutti di usare la “co.per.ta” (compatire, perdonare, tacere).

P.Viotti mi ha raccontato questo episodio occorsogli quando era in Sardegna.

COLPA DI S.GIUSEPPE ?

Era la vigilia di Natale del ’56. P.Viotti, nella Casa dei Saveriani a Macomer in Sardegna, assieme ad un confratello, stava allestendo un presepio missionario che avrebbe dovuto radunare parecchia gente per vedere la novità. 
Purtroppo la statua di S.Giuseppe cadde e si ruppe in modo tale da risultare inservibile. Non si può fare un presepio senza S.Giuseppe perciò, p.Viotti, decise di andare a Cagliari per procurarne una nuova. 
L’auto della Casa non era disponibile per cui corse in strada deciso a chiedere un passaggio alla prima auto che fosse transitata. Subito si fermò un’auto il cui conducente si disse disponibile ad accompagnarlo a Cagliari sebbene distasse oltre 100 chilometri. 
Durante la strada l’uomo, un padre di famiglia di circa 40 anni, cominciò a raccontare del grappolo di disgrazie che gli erano cadute addosso. P.Viotti si fece in quattro per consolarlo sforzandosi di trovare tutti gli argomenti possibili. 
Evidentemente riuscì nell’intento perché ad un certo punto l’uomo gli disse: “Padre le dico la verità, ero uscito di casa con l’intenzione di cercare una scarpata dalla quale gettarmi per farla finita. Non riuscivo più a sopportare questo carico di dolore proprio in questi giorni di Natale ma il Signore mi ha fatto incontrare un prete che mi ha consolato e così rinuncerò al mio progetto.”

Padre Viotti, che non crede molto ad una coincidenza, sospetta fortemente di San Giuseppe.

   

Preghiera natalizia

Canta canta ròzi e fjär

Ch é nasù nòster Signór

L’é nasù a Betlèmme

a gh’ vól na fasa e ‘n mantél

Per vestìr Gesù bél

Gesù bél, Gesù Marìa

Tut j angel in compagnìa.

Chi la sa e chi la diz

degh la gloria del Paradìz

Chi la sa e chi la canta

dégh la gloria santa

( da Pellagra allegra di Giovanni Petrolini)

SECONDA PARTE

   

Dicembre è il mese del Natale perciò ho pensato di inserire due testi poetici dedicati appunto alla festa più bella dell’anno.

La prima, che a me piace molto, è la poesia “Nadäl” di Stefania Vaja. Ho conosciuto questo testo quando le Figlie di Maria Ausiliatrice di S.Benedetto, alcuni anni fa, l’ hanno insegnata ai bimbi della loro scuola elementare e io ero stato invitato ad insegnare la pronuncia. I bimbi l’hanno imparata volentieri e molto bene.

 NADÄL

Incò a gh' era un frèdd !

e pò pioväva.

A són andè in't na césa

par scaldärm un po’

e am son fermè davanti al presepi.

A m'era d'avìs d'es'r un putén

con la manen'na in còlla äd me mädra.

A vräva preghär, ma an säva pu ' I paroli

e csì, al Bambén Gesù, a go ditt sol

ch’a gh’ äva frèdd, ch’a séra da mi cme un can

ch'a séra povrètt pù di sò pastor

parchè g' ho sol la minima,

che me mojera I' é morta da un pär d'ani

e g' ho da pensär a tut da mi,

e an son miga bón.

Sedù lì, davanti al Bambinél,

a m'è gnù adoss una tristèssa

da färom gnir il lussi a j oc'

A j ò guardè la facia dal Puté,

l'era bianch e ross, tut sorident ,

e 'm paräva ch' al me d'ziss

" At voj ben! "

Quand a s ó n andè fóra

par tornär a cà,

a ‘n pioväva pù, era gnù fora ‘I sol,

e 'm son sentì content e rilassè

c'me quand me mädra la m’ brasäva stricch

 

 

PREGHIERA NATALIZIA

 NATALE

Oggi c’era un freddo !

E poi pioveva.

Sono andato in una chiesa

per scaldarmi un po’

e mi sono fermato davanti al presepio.

Mi sembrava di essere un bambino

con la mano in quella di mia mamma.

Volevo pregare, ma non sapevo più le parole

e così, al bambino Gesù, gli ho detto soltanto

Che avevo freddo, che ero solo come un cane

Che ero più povero dei suoi pastori

perché ho solo la minima,

che mia moglie è morta da un paio d’anni

e devo pensare tutto da solo,

e non ne sono capace.

Seduto li, davanti al bambinello,

Mi è venuta addosso una tristezza

da farmi luccicare gli occhi.

Ho guardato la faccia del bambino,

era bianco e rosso, tutto sorridente,

e mi pareva che mi dicesse:

“ti voglio bene”

Quando sono uscito

per tornare a casa,

non pioveva più, era uscito il sole,

e mi sono sentito contento e rilassato

come quando mia madre mi abbracciava stretto

 

 

Il secondo testo viene da lontano ed è tratto dalla raccolta “Pellagra Allegra” di Giovanni Petrolini. E’ una delle tante preghiere dialettali diffuse soprattutto nelle nostre campagne e che fino a pochi anni fa venivano recitate comunemente.

Scrive Il Petrolini “che tutta la preghiera ricorre in forme pressoché identiche in altre preghiere natalizie, ma talvolta, come in questo caso, vive autonomamente.”

L’origine di queste preghiere, che sono diffuse in tutto il nord Italia, pare risalga alle laudi medioevali.

 

PREGHIERA NATALIZIA

Canta canta ròzi e fjór

ch é nasù nòster Signór

L' é nasù a Betlèmme

a gh' vóI na fasa e 'n mantél

per vestir Gezù bèl

Gezù bèl, Gezù Maria

tut j angel in compagnìa.

Chi la sa e chi la diz

dégh la gloria del Paradìz

Chi la sa e chi la canta

dégh la gloria santa.

 

PREGHIERA NATALIZIA

Canta canta rose e fiori

che è nato nostro Signore

è nato a Betlemme

ci vuole una fascia e un mantello

per vestire Gesù bello

Gesù bello, Gesù Maria

tutti gli angeli in compagnia.

A chi la sa e a chi la dice

dategli la gloria del Paradiso

a chi la sa e a chi la canta

dategli la gloria santa.

L’OCA ALL’INGRASSO E L’INNOCENZA DEI BIMBI

La consuetudine di aumentare il prezzi sotto le feste natalizie era cosa consueta anche un tempo specialmente per la polleria.

Per questo motivo erano in parecchi a tenere nel solaio in cantina o dove potevano qualche « capo » di polleria che veniva comprato quando l’animale era giovane e i prezzi erano migliori. Sempre per il medesimo motivo, sotto le feste, spuntavano in maggior numero i ladri di galline. La madre dell'Anita, una vicina di casa, comprò un'oca che, non avendo il solaio, teneva in casa. Un giorno aveva appena fatto un po' di tortelli anche se non tanti perché i soldi erano pochi e stava riassettando, quando senti che qualcuno stava salendo le scale.

Rapidamente decise di nascondere i tortelli nella camera, sotto il letto, per evitare sia di sentirsi in obbligo, come si usava, di invitare un ospite sia di farlo con l’imbarazzo di avere pochi tortelli a disposizione. L 'ospite era una parente che una volta entrata non finiva più di chiacchierare. Si avvicinava l'ora di pranzo e la padrona di casa era sulle spine. A metterla maggiormente in difficoltà ci pensò l'innocenza di uno dei bambini che correndo da lei trafelato, gridò:

« Ma, vena veddor, int' la cambra, gh'é l'oca ch' la magna tutt i tordè sotta 'l let! ».
(Mamma, vieni a vedere, nella camera c’è l’oca che mangia i tortelli sotto il letto)

 

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