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STORIE,
ANEDDOTI E BATTUTE |
PERSONAGGI
PARMIGIANI Re Gisto |
|
Uno
dei
personaggi
più
famosi
della
Parma
di
un
tempo,
è
Re
Gisto.
Gisto
faceva
il
calzolaio
nell'Oltretorrente.
Lo
faceva,
però,
senza
impegnarsi
molto
perché
egli
amava
poco
il
lavoro
e
molto
la
compagnia
dei
suoi
amici
con
i
quali
era,
quando
aveva
soldi,
brillante
e
generoso.
Aveva
un
concetto
molto
personale
della
proprietà
e
per
questo
ebbe
spesso
dei
guai
con
la
giustizia.
Nel
carcere
di
S.
Francesco
era
di
casa,
ma
sempre
per
fatti
da
poco,
di
quelli
che
rendono
pochi
soldi
e,
per
contro,
molti
anni
di
galera
a
causa
della
«recidiva».
Gisto
amava
anche
molto
fare
le
scommesse
e
questa
sua
passione
era
spesso
la
molla
che
lo
spingeva
a
compiere
le
imprese
più
strane,
che
poi
non
sempre
avevano
un
lieto
fine.
Parecchi
guai
Gisto
li
ebbe
anche
dalla
sua
passione
per
gli
scherzi,
a
volte
un
po’
pesanti
ma
spiritosi.
Quando
lo
prendeva
l'estro
partiva
in
quarta,
lanciandosi
nelle
imprese
più
azzardate
con
l'ingenuità
di
un
bambino
senza
riflettere
sulle
conseguenze
nemmeno
per
un
secondo.
Naturalmente, data l'ingenuità con cui le portava a termine, veniva quasi sempre scoperto e portato in prigione, dove passò quasi la metà della sua vita.
ALCUNI SCHERZI
Il
capomastro
Re
Gisto,
passando
un
giorno
dalle
parti
della
Camera
del
Lavoro,
vide
quattro
robusti
individui
che
portavano
la
cassetta
degli
attrezzi
e
che
chiaramente
erano
in
cerca
di
lavoro.
"
Co
fiv
vojetor?
".
(Cosa
fate
voi
?)
"
Serchèmma
da
lavorär!
"
risposero
gli
uomini.
(Cerchiamo
da
lavorare)
"
Gni
con
mi!
"
(Venite
con
me)
Gisto
sapeva
essere
convincente
e
gli
uomini
lo
seguirono
senza
difficoltà.
Egli
ne
mandò
uno
a
comprare
del
gesso
e
pilotò
gli
altri
dietro
il
Duomo.
Con
il
gesso
fece
segnare
la
zona
da
scavare
e
invitò
gli
uomini
a
darci
dentro
con
i
picconi.
Se
ne
andò
via,
spiegando
che
sarebbe
venuto
più
tardi
in
quanto
doveva
andare
a
procurarsi
i
tubi.
Era
ormai
un
paio
d'ore
che
gli
uomini
lavoravano
quando
arrivò
un
vigile
che
chiese
loro:
"
Chi
và
ditt
äd
fär
coll
scäv
chi?
".
(Chi
vi
ha
detto
di
fare
questo
scavo
?)
"
AI
capmastor,
al
sior
Re
Gisto
"
(Il
capomastro)
risposero
i
lavoratori.
Il
vigile,
quando
sentì
il
nome
di
Gisto,
comprese
subito
cosa
era
successo.
Congedò
i
lavoratori
e
denunciò
il
fatto
al
suo
comando.
Più
tardi
Re
Gisto
venne
rintracciato
ed
interrogato
in
corpo
di
Guardia.
"
Cme
t’è
gnu
in
menta
Gisto,
äd
tor
in
gir
di
povor
lavorator
?
"
(Come
ti
è
venuto
in
mente
di
prendere
in
giro
questi
lavoratori
?)
"
I
gh'
ävon
tanta
voja
'd
lavorär
che
m’è
gnu
voja
äd
continteria!
"
(Avevano
tanta
voglia
di
lavorare
che
ho
desiderato
accontentarli).
Scherzi
ai
dazieri
Ai
tempi
di
Gisto,
sarebbe
piaciuto
a
tutti
farla
in
barba
ai
dazieri,
che,
alle
barriere,
erano
addetti
al
controllo
di
merci
e
persone
affinché
non
venisse
evasa
l'imposta
di
consumo.
I
dazieri
che
dal
popolo
venivano
anche
i
"
sconsùmm
",
non
si
lasciavano
imbrogliare
facilmente
e
non
erano
molto
ben
visti
dalla
gente.
Un
giorno,
a
barriera
d'Azeglio,
davanti
a
Monici,
tutti
gli
avventori
del
bar
erano
fuori
per
vedere
come
se
la
sarebbe
cavata
Gisto
che
aveva
scommesso
di
riuscire
a
prendere
in
giro
i
dazieri
di
quella
barriera.
Gisto
si
avviò
al
posto
di
controllo
tenendo
un
braccio
piegato,
sotto
il
tabarro,
come
se
nascondesse
qualcosa.
Quando
fu
certo
di
essere
stato
notato
saltò
improvvisamente
sul
primo
tram
che
passava.
Subito
anche
un
daziere
saltò
sul
tram.
Si
fece
largo
tra
i
passeggeri
e,
quando
fu
di
fronte
a
Gisto,
con
tono
da
vincitore,
gli
chiese:
"
Co'
gh’al
li
'dardè?
"
(cos'ha
dietro
?)
"
AI
cuI!
"
Rispose
Gisto
mentre
con
le
due
mani
apriva
il
tabarro
mostrando
di
non
avere
niente.
-------------
Un'altra
volta
combinò
uno
scherzo
ad
un
daziere
rinomato
per
la
sua
pignoleria.
Per
un
bottiglione
di
vino
come
posta
della
scommessa,
Re
Gisto
preparò
la
sua
trappola.
Si
procurò
un
fazzoletto
da
spesa
di
quelli
a
grossi
quadri
e
che
tanto
erano
di
moda.
Dentro
il
fazzoletto
sistemò
alcuni
pacchetti
avvolti
in
carta
da
macellaio
e
poi
si
avviò
al
posto
di
controllo.
Gisto
aveva
scelto
l'ora
migliore,
cioè
quella
del
tramonto
avanzato.
Inoltre
per
la
buona
riuscita
del
suo
tiro,
contava
molto
sulla
consuetudine
che
avevano
i
dazieri
di
controllare
al
tatto
i
fagotti
perché
la
grande
esperienza
acquisita
consentiva
loro
di
riconoscere
la
merce,
specialmente
la
carne,
palpando
i
fagotti
dall'esterno.
Puntò
dritto
sul
suo
uomo
che
si
fece
avanti
per
il
controllo
del
fagotto.
Gisto
teneva
l'involucro
sollevato
e
il
daziere
con
entrambe
le
mani
iniziò
a
tastare.
Dopo
pochissimi
secondi,
però,
Gisto
lasciò
cadere
il
fagotto
nelle
sole
mani
dell'agente
e
se
la
diede
a
gambe.
Quella
di
fuggire
fu
una
decisione
molto
saggia
soprattutto
se
considera
il
fatto
che
egli,
il
fagotto,
lo
aveva
intinto
ben
bene
in
un
tombino.
BATTUTE
VARIE
PENSIONI
E
PENSIONATI
In
questo
periodo
in
cui
si
parla
molto
di
pensioni,
mio
cugino,
che
vuole
sempre
dire
la
sua,
sostiene
che
non
bisognerebbe
andare
in
pensione
mai
perché,
spiega:
“Muoiono
anche
persone
che
stanno
lavorando,
mo
äd
pensionè
a
nin
scampa
gnan
vón.”
(Ma
dei
pensionati
non
la
scampa
nessuno)
Ho incontrato l’amico Bruno, ora in pensione, e vedendolo molto abbronzato e gli ho detto: “A t’ gh’è un bel color ! (Hai un bel colore)
Adesa a gh’ò temp ad derogh do man ! rispose. (Adesso ho il tempo di darci due mani)
La
moglie
di
un
mio
vecchio
collega
ora
pensionato
si
lamentava
col
marito
perché
porta
fuori
più
volentieri
il
cane
di
lei.
Il
marito
si
è
giustificato
dicendo:
“Il
cane
non
mi
chiede
mai
di
fermarsi
davanti
alle
vetrine”.
II
PARTE
SCHERZI
Re
Gisto,
il
simpatico
ladruncolo
che
“operò”
tra
le
due
guerre
e
che
ispirò
diverse
poesie
del
poeta
Alfredo
Zerbini,
amava
anche
fare
scherzi.
Molte
delle
sue
sortite
infatti
non
avevano
scopo
di
lucro,
ma
solamente
di
divertimento.
Un
giorno,
ad
esempio,
andò
da
un
bottegaio
assieme
ad
un
amico
col
quale
fingeva
di
altercare.
Gisto
disse
al
salumiere,
indicando
un
bel
salame
fra
quelli
appesi:
“
Par
piazér,
ch'al
me
peza
colI
salam
lì
”.
(Mi
pesi
quel
salame)
Il
salumiere
obbedì:
“
Un
Kilo
e
dozent
“,
disse.
“Adésa
ch'
l
al
taja
par
piazer
“,
aggiunse
Gisto.
(Adesso
lo
tagli)
Il
commerciante
affettò
il
salame.
“
Ch'
l
al
peza
ancorra
“
gli
disse
Gisto
quando
ebbe
finito.
(Lo
pesi
di
nuovo)
Pazientemente
il
salumiere
ripesò
il
salame:
“
Un
Kilo
e
dozent!
“
lesse
Gisto
sul
quadrante
della
pesa
e,
rivolgendosi
all'amico
disse:
“
A
t'
l'
äva
ditt,
stupidd,
che
anca
tajè
l'era
semp’r
al
medezim
pez
!
“
e
tutti
e
due
scapparono
in
gran
fretta.
DAL
MACELLAIO
“Caporal”
era
un
macellaio
che
aveva
la
bottega
in
Via
D'
Azeglio.
Un
giorno
Gisto
andò
da
lui
e
comprò
un
bel
pezzo
di
manzo
che
passò
all’amico
“Momo”
dicendogli:
“Ti
va
avanti
intant
!
“
Al
macellaio,
che
intanto
stava
facendo
il
conto,
Gisto
chiese:
“Gh'al
dal
fidogh?
“.
(Ha
del
fegato
?)
“
Si
“
rispose
il
commerciante.
“Alora
ch'
al
me
còrra
adrè
“.
(Allora
mi
rincorra)
Un'altra
volta,
in
Ghiaia,
Gisto
afferrò
al
volo
un
paio
di
belle
costate,
che
erano
in
un
piatto
nella
vetrina
di
un
macellaio.
C'era
molta
gente
ed
egli
sperava
di
non
essere
veduto,
ma
non
fu
così
e
il
macellaio,
fattosi
sull'uscio,
gli
gridò,
mentre
se
ne
stava
andando:
“
Gisto,
a
m’
dispiäz,
mo
a
n’
pòs
miga
lasärtia
a
còl
prési
lì
“
(Mi
dispiace
ma
a
quel
prezzo
non
posso
lasciartele)
e
lui
di
rimando:
“
Am
dispiäz
anca
a
mi,
mo
äd
pu
a
n’
pòs
miga
därot
“.
(Dispiace
anche
a
me
ma
di
più
non
posso
darti)
DAL
CALZOLAIO
Un
episodio
famoso
è
quello
del
furto
delle
scarpe.
Re
Gisto
aveva
visto
in
vetrina
da
AbIondi
un
bel
paio
di
stivaletti
e
aveva
provato
la
voglia
irresistibile
di
possederli.
Fece
l'ennesima
scommessa
con
gli
amici,
puntando
ovviamente
sulla
riuscita
della
beffa.
Entrò
da
AbIondi
e
chiese
di
provare
le
scarpe.
Gli
dettero
la
sinistra
e
trovò
che
la
calzava
come
un
guanto.
Chiese
di
provare
la
destra
e
trovò
che
anche
questa
andava
benissimo.
Approfittando
del
fatto
che
nel
negozio
c'era
un
bel
tappeto
fece
alcuni
passi
e
con
fare
indifferente
si
avvicinò
alla
porta.
Come
si
affacciò,
un
compare
con
il
quale
si
era
prima
accordato,
fingendo
una
vendetta,
gli
mollò
una
sberla
notevole.
La
sberla
era
vera
e
molto
credibile
per
cui
quando
Gisto
insegui
l'uomo
che
lo
aveva
colpito
aveva
dalla
sua
il
tifo
di
AbIondi
e
delle
sue
commesse.
BATTUTE
VARIE
PARITA’
Allo
sportello
di
una
banca
del
centro,
ove
solitamente
opera
una
signora,
è
esposta
una
citazione
di
Charlotte
Witton,
simpaticamente
provocatoria:
“Sul
lavoro
alle
donne
viene
chiesto
il
doppio
degli
uomini,
in
metà
tempo
e
senza
riconoscimenti.
Grazie
a
Dio
non
è
difficile”.
BRUTTO
TEMPO
Da
tempo
i
salesiani
del
VIS
hanno
dato
l’allarme
perché
in
Etiopia,
a
motivo
della
siccità
e
della
conseguente
carestia,
10
milioni
di
persone
sono
a
rischio
di
morte
per
fame.
Una
signora
etiope
che
conosco,
mentre
mi
confermava
la
gravità
della
situazione,
mi
ha
detto
che
sua
madre,
che
vive
con
lei
in
Italia,
si
arrabbia
tantissimo
quando
sente
la
nostra
televisione
definire
“brutto
tempo”
la
pioggia.
FILOSOFIA
Ci
sono
persone
che,
almeno
in
apparenza,
sanno
vedere
il
lato
positivo
in
ogni
circostanza.
Un
amico
al
quale
ho
chiesto
come
andassero
le
cose
con
i
suoi
figli
mi
ha
risposto:
“Dil
volti
i
m’
spudon
ados,
mo
so
ch’
j
en
san,
a
ne
m’
preocup
miga
!”
(
a
volte
mi
sputano
addosso
ma
so
che
sono
sani
non
mi
preoccupo).
Un
altro
amico,
al
quale
ho
chiesto
come
stava,
mi
ha
detto:
“
I
m’
àn
catè
un
tumor,
mo
gh’ò
otant’an
e
son
sempor
ste
onest,
chi
s’
nin
frega
!
”.
(Mi
hanno
trovato
un
tumore,
ma
ho
ottant’anni
e
son
sempre
stato
onesto,
chi
se
ne
frega!)
III
PARTE
IL
PICCIONE
Oggigiorno,
nelle
gare
dei
piccioni
viaggiatori,
viene
utilizzato
un
orologio
speciale
che
marca
l'ora
esatta
di
arrivo
dell’animale,
utilizzando
I'anello
che
il
piccione
stesso
porta
legato
ad
una
zampa.
Ai
tempi
di
Gisto,
però,
non
esistevano
questi
orologi
speciali
per
cui,
il
tempo,
veniva
preso
quando
il
piccione
veniva
portato
dove
la
giuria
convalidava
l'arrivo.
E'
evidente
che
era
molto
importante
che
il
piccione
venisse
portato
il
più
velocemente
possibile.
A
questo
scopo
da
parte
dei
piccionai,
venivano
assoldati
i
più
veloci
corridori
del
rione.
Gisto,
che
era
velocissimo,
(anche
per
necessità
“professionali”)
era
uno
dei
più
ricercati
e
dei
meglio
pagati.
Un
giorno,
in
occasione
di
una
gara,
tre
piccioni
arrivarono
quasi
contemporaneamente.
Il
primo
ad
impossessarsi
del
proprio
piccione
fu
un
certo
Massari
seguito
da
Gisto
e
terzo
fu
Cavciolén.
Gisto,
che
non
amava
perdere,
fece
uno
sgambetto
al
Massari,
e
lo
mise
fuori
gioco.
In
società
ci
furono
un
sacco
di
contestazioni
ma
quelli
della
giuria
dissero:
«
Nojetor
guardèmma
al
pisón,
con
il
vostri
buji
strighivla
vojetor
».
(Noi
guardiamo
il
piccione,
le
vostre
liti
risolvetole
fra
di
voi).
Il
piccione
portato
da
Gisto
risultò
primo
classificato.
LE
SCARPE
Re
Gisto
aveva
un
amico
molto
appassionato
di
pesca
tanto
che
era
soprannominato
“Pescón
“.
Pescón,
una
mattina,
capitò
in
bottega
da
Gisto
con
un
paio
di
scarpe
da
risuolare
in
gran
fretta
perché
gli
servivano
per
andare
a
pescare
l'indomani
di
buon'ora.
Per
forzare
l'amico
a
fare
in
fretta
lo
pagò
in
anticipo.
La
mossa
però
si
rivelò
sbagliata
perché
Gisto,
il
pomeriggio,
spese
i
soldi
in
compagnia
degli
amici.
Quando,
verso
sera,
tornò
in
bottega
per
eseguire
il
lavoro
si
accorse
di
non
avere
il
cuoio
per
fare
le
suole
e,
quel
che
è
peggio,
non
aveva
più
i
soldi
per
comprarne.
Non
si
perse
d'animo;
applicò
alle
scarpe
dell'amico
due
suole
di
cartone
che
poi
tinse
con
il
lucido
da
scarpe
.
Pescón
venne
a
ritirare
le
scarpe
regolarmente
e,
al
mattino
presto
del
giorno
dopo,
parti
in
bicicletta
con
la
sua
canna
e
tutta
l'attrezzatura.
Veniva
un'acqua
che
Dio
la
mandava,
ma
si
sa
che
l'acqua
non
ha
mai
fermato
un
vero
pescatore
e
Pescón
pedalava
deciso
sotto
quel
diluvio
alla
volta
dell'Enza.
Non
passò
molto
tempo
però
che
le
suole
erano
già
diventate
una
poltiglia
di
carta.
Pescón
dovette
tornare
indietro
subito
e
piombò
diritto
in
bottega
da
Gisto:
«
Brutt
delinquent,
un
lavor
compagn
a
'n
amigh?
aprofitäros
parchè
j
ò
toti
su
in
présia
e
po
són
andè
via
'd
corsa!
«
Mo
cme
sit
andè?
äd
corsa?
»,
(sei
andato
di
corsa?)
chiese
Gisto
sorpreso
«
A
s’
capissa
veh,
äd
corsa
»
(certo
che
sono
andato
di
corsa)
rispose
il
pescatore
che
non
capiva
il
nesso.
«
Tè
fat
mäl
»
lo
sgridò
Gisto.
«
Còlli
in
n'
eron
miga
sóli
da
corsa!
»
(hai
fatto
male,
quelle
non
erano
scarpe
da
corsa)
Pescón,
disarmato,
lasciò
perdere
e
per
quella
volta
Gisto
la
passò
liscia.
IL
COMMISSARIO
DISSERO
All’epoca
delle
imprese
di
Re
Gisto
era
famoso,
a
Parma,
il
commissario
Dissero.
Vestiva
in
modo
elegantissimo,
aveva
sempre
guanti
gialli,
mezzo
paltò
alla
francese
e
il
bastone
con
il
pomello
di
avorio.
Era
un
funzionario
professionalmente
molto
abile
e,
che
troverà
una
morte
tragica
in
occasione
di
una
manifestazione
aviatoria
durante
la
quale
un
aereo
precipitò
sugli
spettatori.
Il
commissario
Dissero,
a
motivo
del
suo
mestiere,
conosceva
molto
bene
Re
Gisto.
Aveva
anche
una
certa
simpatia
per
lui
perché,
giustamente,
non
lo
considerava
un
criminale,
ma
un
ladruncolo
soltanto.
Un
giorno,
dopo
l'ennesimo
arresto
e
la
conseguente
carcerazione,
Gisto
venne
rilasciato
e
il
commissario
Dissero
volle
vederlo
prima
che
lasciasse
la
guardina.
Gli
fece
una
bella
predica
e
gli
raccomandò
di
dedicarsi
al
lavoro.
Sapendo
che
faceva
il
calzolaio
gli
disse:
“
Senti
Re,
mi
raccomando
vai
fuori,
non
fare
lo
sciocco
e
cerca
di
lavorare.
Se
hai
bisogno
di
lavoro
vieni
a
casa
mia
ti
farò
riparare
le
scarpe
della
mia
famiglia
e,
se
necessario,
anche
quelle
dei
miei
amici.
L
'importante
è
che
tu
pensi
a
lavorare
e
basta
“.
Gisto
decise
di
accogliere
sia
il
consiglio
che
l'offerta
di
lavoro
e
il
giorno
dopo
andò
a
casa
del
commissario
e
tornò
indietro
con
un
sacco
di
scarpe
da
sistemare.
Lavorò
sodo
tutta
la
settimana
e
la
domenica
mattina
ritornò
alla
casa
dei
Dissero
con
le
scarpe
rimesse
a
nuovo.
Il
commissario
era
a
Messa
con
tutta
la
famiglia
e
Gisto
fu
ricevuto
dalla
donna
di
servizio.
Mentre
la
donna
riponeva
le
scarpe,
Gisto
restò
solo
in
cucina.
Il
profumo
di
manzo
e
gallina
che
c'era
nella
casa
gli
fece
perdere
il
lume
della
ragione,
pescò
dalla
pentola
la
gallina
bollente,
se
la
infilò
sotto
il
tabarro,
salutò
e
se
ne
andò.
Ma
la
gallina
sparita
non
passò
inosservata.
Al
commissario
bastò
sapere
che
c'era
stato
Gisto
per
immaginare
come
fossero
andate
le
cose.
Per
una
questione
di
orgoglio
andò
personalmente
a
recuperare
il
pollo
in
borgo
Parente
dove
abitava
Gisto.
LA
VE
Gisto
andava
spesso
a
Milano
dove
aveva
molti
conoscenti
e
dove
non
mancava,
agli
ignari
lombardi,
di
fare
scherzi
di
tutti
i
tipi.
In
occasione
di
uno
di
questi
viaggi
nel
capoluogo
lombardo
andò
a
far
visita
ad
una
amica
che
faceva
buoni
“
affari
“
in
quella
città.
La
donna
offrì
a
Gisto
ospitalità
per
la
notte
e,
la
mattina
seguente,
andò
a
“
lavorare
“
lasciandolo
solo
in
casa.
Nel
palazzo
capitò
un
tizio
che
era
alla
ricerca
di
un
appartamento
in
vendita.
Quando
suonò
il
campanello
alla
sua
porta,
Gisto
gli
fece
visitare
l'appartamento
dell'amica
e,
in
poco
tempo,
combinò
l'affare.
Si
fece
dare
una
rispettabile
caparra
e
tornò
di
corsa
a
Parma.
Naturalmente
fini
in
S.Francesco,
ma
i
soldi
li
aveva
già
“bevuti”.
LA
BICICLETTA
Quando
Gisto
era
al
verde
non
guardava
in
faccia
nessuno
e
dove
poteva
faceva
il
colpo.
Aveva
un
fratello
maggiore
che
non
gli
assomigliava
per
niente.
Il
fratello
era
infatti
un
lavoratore
serio
e
scrupoloso
e
di
carattere
schivo.
Era
geloso
della
propria
bicicletta
sportiva,
che,
all'avvicinarsi
dell'inverno,
puliva,
oliava
ben
bene
ed
appendeva
in
cantina.
Gisto
naturalmente
lo
sapeva
e,
in
un
momento
di
difficoltà
finanziarie,
pensò
di
prendere
la
bicicletta
del
fratello
e
di
andarla
a
vendere.
Quando
il
fratello
se
ne
accorse
non
ebbe
dubbi
su
chi
potesse
essere
l'autore
del
furto.
“
Gisto,
disgrassiè,
at
mè
tot
su
ti
la
bicicletta!
“
(Gisto,
disgraziato
mi
hai
rubato
la
bicicletta)
“
Chi
mi
?
“
si
difese
Gisto
“
A
gh
n'é
acsì
sè
di
lädor
a
Pärma,
a
gh'
són
miga
sól
che
mi
!
».
(Chi
io?
–
Ce
ne
sono
tanti
di
ladri
a
Parma,
non
ci
sono
mica
solo
io)
ULTIMI
TEMPI
Negli
ultimi
anni
della
sua
vita,
Gisto,
era
stato
mandato
al
confino
a
Modena
perchè
a
Parma
ne
aveva
fatte
troppe.
Per
campare
girava
nei
paesi
di
campagna
vendendo
statuette
di
soggetti
religiosi.
Quando,
dopo
aver
bussato
alla
porta
di
qualche
contadino,
si
sentiva
chiedere
«
chi
è?»
Gisto
rispondeva
«
Al
Sgnór!
»
.
Una
volta,
in
una
giornata
particolarmente
negativa
per
il
suo
commercio
di
articoli
religiosi,
egli
offrì,
per
l'ennesima
volta,
la
statua
di
un
santo
che
in
quella
zona
nessuno
voleva
comprare.
«
Al
n'é
miga
al
noster
Sant
protetor
»
spiegò
una
massaia.
«
Siora
ch'
aI
al
tóga
äd
listés,
l'é
so
fradel!
».
C’è
un
detto,
che
Ettore
Oddi,
il
papà
di
un
mio
amico,
amava
ripetere,
che
è
una
perla
di
saggezza
che
si
adatta
a
molti
ambienti.
“Ricordot
che
quand
a
t’
vè
su
‘na
pianta,
con
pu
a
t’
vè
in
älta,
con
pu
i
broch
i
dventon
sutil
e
con
pu
a
te
‘t
zlontan
da
tera.
(Quando
vai
su
di
un
albero,
ricordati
che
più
vai
in
alto,
più
i
rami
diventano
sottili
e
più
ti
allontani
da
terra.)
Diceva
anche:
“A
n’
väl
miga
corror,
a
väl
riverogh
in
temp”
(non
vale
correre,
vale
arrivare
in
tempo)
oppure
per
raccomandare
la
sobrietà
e
la
prudenza:
“Stì
‘tent
ragas
che
la
processión
l’é
lónga
e
la
candela
l’é
curta”.
(Attenti
che
la
processione
è
lunga
ma
la
candela
è
corta).
Scherzosamente
diceva
anche:
“Fiv
coragg,
che
mi
äd
paura
a
gh’
n’ò
par
tutti”
(Fatevi
coraggio
che
di
paura
ne
ho
io
per
tutti).
Oppure:
“Mi
a
fagh
cme
n’ò
voja
mo
quand
a
ne
s’
pól
miga
a
fagh
cme
pòs”.
(faccio
come
voglio
ma,
se
non
è
possibile,
faccio
come
posso).
Assomiglia
al
detto
che
recita:
“Faccio
come
si
fa
a
Fidenza
dove,
di
quello
che
non
c’è,
si
fa
senza).