STORIE, ANEDDOTI E BATTUTE
a cura di Giuseppe Mezzadri

PERSONAGGI PARMIGIANI

Re Gisto


Monumento a Corridoni

Uno dei personaggi più famosi della Parma di un tempo, è Re Gisto. Gisto faceva il  calzolaio nell'Oltretorrente. Lo faceva, però, senza impegnarsi molto perché egli amava poco il lavoro e molto la compagnia dei suoi amici con i quali era, quando aveva soldi, brillante e generoso. Aveva un concetto molto personale della proprietà e per questo ebbe spesso dei guai con la giustizia. Nel carcere di S. Francesco era di casa, ma sempre per fatti da poco, di quelli che rendono pochi soldi e, per contro, molti anni di galera a causa della «recidiva».

Gisto amava anche molto fare le scommesse e questa sua passione era spesso la molla che lo spingeva a compiere le imprese più strane, che poi non sempre avevano un lieto fine. Parecchi guai Gisto li ebbe anche dalla sua passione per gli scherzi, a volte un po’ pesanti ma spiritosi.

Quando lo prendeva l'estro partiva in quarta, lanciandosi nelle imprese più azzardate con l'ingenuità di un bambino senza riflettere sulle conseguenze nemmeno per un secondo.

Naturalmente, data l'ingenuità con cui le portava a termine, veniva quasi sempre scoperto e portato in prigione, dove passò quasi la metà della sua vita.

ALCUNI SCHERZI

Il capomastro

Re Gisto, passando un giorno dalle parti della Camera del Lavoro, vide quattro robusti individui che portavano la cassetta degli attrezzi e che chiaramente erano in cerca di lavoro.

" Co fiv vojetor? ". (Cosa fate voi ?)

" Serchèmma da lavorär! " risposero gli uomini. (Cerchiamo da lavorare)

" Gni con mi! "  (Venite con me)

Gisto sapeva essere convincente e gli uomini lo seguirono senza difficoltà. Egli ne mandò uno a comprare del gesso e pilotò gli altri dietro il Duomo. Con il gesso fece segnare la zona da scavare e invitò gli uomini a darci dentro con i picconi. Se ne andò via, spiegando che sarebbe venuto più tardi in quanto doveva andare a procurarsi i tubi. Era ormai un paio d'ore che gli uomini lavoravano quando arrivò un vigile che chiese loro:

" Chi và ditt äd fär coll scäv chi? ". (Chi vi ha detto di fare questo scavo ?)

" AI capmastor, al sior Re Gisto "  (Il capomastro)

risposero i lavoratori. Il vigile, quando sentì il nome di Gisto, comprese subito cosa era successo. Congedò i lavoratori e denunciò il fatto al suo comando. Più tardi Re Gisto venne rintracciato ed interrogato in corpo di Guardia.

" Cme t’è gnu in menta Gisto, äd tor in gir di povor lavorator ? " (Come ti è venuto in mente di prendere in giro questi lavoratori ?)

" I gh' ävon tanta voja 'd lavorär che m’è gnu voja äd continteria! "  (Avevano tanta voglia di lavorare che ho desiderato accontentarli).

 

Scherzi ai dazieri

Ai tempi di Gisto, sarebbe piaciuto a tutti farla in barba ai dazieri, che, alle barriere, erano addetti al controllo di merci e persone affinché non venisse evasa l'imposta di consumo.

I dazieri che dal popolo venivano anche  i  " sconsùmm ", non si lasciavano imbrogliare facilmente e non erano molto ben visti dalla gente.

 Un giorno, a barriera d'Azeglio, davanti a Monici, tutti gli avventori del bar erano fuori per vedere come se la sarebbe cavata Gisto che aveva scommesso di riuscire a prendere in giro i dazieri di quella barriera.

Gisto si avviò al posto di controllo tenendo un braccio piegato, sotto il tabarro, come se nascondesse qualcosa. Quando fu certo di essere stato notato saltò improvvisamente sul primo tram che passava. Subito anche un daziere saltò sul tram. Si fece largo tra i passeggeri e, quando fu di fronte a Gisto, con tono da vincitore, gli chiese:

" Co' gh’al li 'dardè? " (cos'ha dietro ?)

" AI cuI! "

Rispose Gisto mentre con le due mani apriva il tabarro mostrando di non avere niente.

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Un'altra volta combinò uno scherzo ad un daziere rinomato per la sua pignoleria. Per un bottiglione di vino come posta della scommessa, Re Gisto preparò la sua trappola. Si procurò un fazzoletto da spesa di quelli a grossi quadri e che tanto erano di moda. Dentro il fazzoletto sistemò alcuni pacchetti avvolti in carta da macellaio e poi si avviò al posto di

controllo. Gisto aveva scelto l'ora migliore, cioè quella del tramonto avanzato. Inoltre per la buona riuscita del suo tiro, contava molto sulla consuetudine che avevano i dazieri di controllare al tatto i fagotti perché la grande esperienza acquisita consentiva loro di riconoscere la merce, specialmente la carne, palpando i fagotti dall'esterno.

Puntò dritto sul suo uomo che si fece avanti per il controllo del fagotto. Gisto teneva l'involucro sollevato e il daziere con entrambe le mani iniziò a tastare. Dopo pochissimi secondi, però,  Gisto lasciò cadere il fagotto nelle sole mani dell'agente e se la diede a gambe. Quella di fuggire fu una decisione molto saggia soprattutto se considera il fatto che egli, il fagotto, lo aveva intinto ben bene in un tombino.

   

BATTUTE VARIE

 PENSIONI E PENSIONATI

In questo periodo in cui si parla molto di pensioni, mio cugino, che vuole sempre dire la sua, sostiene che non bisognerebbe andare in pensione mai perché, spiega:
 “Muoiono anche persone che stanno lavorando, mo äd pensionè a nin scampa gnan vón.”
(Ma dei pensionati non la scampa nessuno)

 

Ho incontrato l’amico Bruno, ora in pensione, e vedendolo molto abbronzato e gli ho detto: “A t’ gh’è un bel color !  (Hai un bel colore)

Adesa a gh’ò temp ad derogh do man ! rispose. (Adesso ho il tempo di darci due mani)

 
La moglie di un mio vecchio collega ora pensionato si lamentava col marito perché porta fuori più volentieri il cane di lei. Il marito si è giustificato dicendo:

“Il cane non mi chiede mai di fermarsi davanti alle vetrine”.
 

II PARTE

 

SCHERZI

Re Gisto, il simpatico ladruncolo che “operò” tra le due guerre e che ispirò diverse poesie del poeta Alfredo Zerbini, amava anche fare scherzi. Molte delle sue sortite infatti non avevano scopo di lucro, ma solamente di divertimento.

Un giorno, ad esempio, andò da un bottegaio assieme ad un amico col quale fingeva di altercare. Gisto disse al salumiere, indicando un bel salame fra quelli appesi:

“ Par piazér, ch'al me peza colI salam lì ”. (Mi pesi quel salame)

Il salumiere obbedì: “ Un Kilo e dozent “, disse.

“Adésa ch' l  al taja par piazer “, aggiunse Gisto.  (Adesso lo tagli)

Il commerciante affettò il salame.

“ Ch' l al peza ancorra “ gli disse Gisto quando ebbe finito. (Lo pesi di nuovo)

Pazientemente il salumiere ripesò il salame:

Un Kilo e dozent! lesse Gisto sul quadrante della pesa e, rivolgendosi all'amico disse: A t' l' äva ditt, stupidd, che anca tajè l'era semp’r al medezim pez ! e tutti e due scapparono in gran fretta. (Te lo avevo detto, stupido, che anche pesato avrebbe avuto lo stesso peso)

 
DAL MACELLAIO

Caporal” era un macellaio che aveva la bottega in Via D' Azeglio. Un giorno Gisto andò da lui e comprò un bel pezzo di manzo che passò all’amico “Momo” dicendogli:
 “Ti va avanti intant ! “

Al macellaio, che intanto stava facendo il conto, Gisto chiese: 
“Gh'al dal fidogh? “. (Ha del fegato ?)

“ Si rispose il commerciante.

Alora ch' al me còrra adrè “. (Allora mi rincorra)

 

Un'altra volta, in Ghiaia, Gisto afferrò al volo un paio di belle costate, che erano in un piatto nella vetrina di un macellaio. C'era molta gente ed egli sperava di non essere veduto, ma non fu così e il macellaio, fattosi sull'uscio, gli gridò, mentre se ne stava andando:

Gisto,  a m’ dispiäz, mo a n’ pòs miga lasärtia a còl prési lì (Mi dispiace ma a quel prezzo non posso lasciartele)

e lui di rimando:

Am dispiäz anca a mi, mo äd pu a n’ pòs miga därot “. (Dispiace anche a me ma di più non posso darti)

 

DAL CALZOLAIO

Un episodio famoso è quello del furto delle scarpe. 
Re Gisto aveva visto in vetrina da AbIondi un bel paio di stivaletti e aveva provato la voglia irresistibile di possederli. Fece l'ennesima scommessa con gli amici, puntando ovviamente sulla riuscita della beffa.

Entrò da AbIondi e chiese di provare le scarpe. Gli dettero la sinistra e trovò che la calzava come un guanto. Chiese di provare la destra e trovò che anche questa andava benissimo. Approfittando del fatto che nel negozio c'era un bel tappeto fece alcuni passi e con fare indifferente si avvicinò alla porta. Come si affacciò, un compare con il quale si era prima accordato, fingendo una vendetta, gli mollò una sberla notevole. La sberla era vera e molto credibile per cui quando Gisto insegui l'uomo che lo aveva colpito aveva dalla sua il tifo di AbIondi e delle sue commesse.

 
BATTUTE VARIE

  PARITA’

Allo sportello di una banca del centro, ove solitamente opera una signora, è esposta una citazione di Charlotte Witton, simpaticamente provocatoria:

“Sul lavoro alle donne viene chiesto il doppio degli uomini, in metà tempo e senza riconoscimenti. Grazie a Dio non è difficile”.

 

BRUTTO TEMPO

Da tempo i salesiani del VIS hanno dato l’allarme perché in Etiopia, a motivo della siccità e della conseguente carestia, 10 milioni di persone sono a rischio di morte per fame.

Una signora etiope che conosco, mentre mi confermava la gravità della situazione, mi ha detto che sua madre, che vive con lei in Italia, si arrabbia tantissimo quando sente la nostra televisione definire “brutto tempo” la pioggia.

 
FILOSOFIA

Ci sono persone che, almeno in  apparenza, sanno vedere il lato positivo in ogni circostanza. Un amico al quale ho chiesto come andassero le cose con i suoi figli mi ha risposto:

“Dil volti i m’ spudon ados, mo so ch’ j en san, a ne m’ preocup miga !” ( a volte mi sputano addosso ma so che sono sani non mi preoccupo).

 Un altro amico, al quale ho chiesto come stava, mi ha detto: 
“ I m’ àn catè un tumor, mo gh’ò otant’an e son sempor ste onest, chi s’ nin frega ! ”.
(Mi hanno trovato un tumore, ma ho ottant’anni e son sempre stato onesto, chi se ne frega!)


III
PARTE

 

IL PICCIONE

Oggigiorno, nelle gare dei piccioni viaggiatori, viene utilizzato un orologio speciale che marca l'ora esatta di arrivo dell’animale, utilizzando I'anello che il piccione stesso porta legato ad una zampa. Ai tempi di Gisto, però, non esistevano questi orologi speciali per cui, il tempo, veniva preso quando il piccione veniva portato dove la giuria convalidava l'arrivo.

E' evidente che era molto importante che il piccione venisse portato il più velocemente possibile. A questo scopo da parte dei piccionai, venivano assoldati i più veloci corridori del rione. Gisto, che era velocissimo, (anche per necessità “professionali”) era uno dei più ricercati e dei meglio pagati.

Un giorno, in occasione di una gara, tre piccioni arrivarono quasi contemporaneamente. Il primo ad impossessarsi del proprio piccione fu un certo Massari seguito da Gisto e terzo fu Cavciolén. Gisto, che non amava perdere, fece uno sgambetto al Massari, e lo mise fuori gioco. In società ci furono un sacco di contestazioni ma quelli della giuria dissero:

« Nojetor guardèmma al pisón, con il vostri buji strighivla vojetor ». 
(Noi guardiamo il piccione, le vostre liti risolvetole fra di voi).

Il piccione portato da Gisto risultò primo classificato.

LE SCARPE

Re Gisto aveva un amico molto appassionato di pesca tanto che era soprannominato  “Pescón “. Pescón, una mattina, capitò in bottega da Gisto con un paio di scarpe da risuolare in gran fretta perché gli servivano per andare a pescare l'indomani di buon'ora.

Per forzare l'amico a fare in fretta lo pagò in anticipo. La mossa però si rivelò sbagliata perché Gisto, il pomeriggio, spese i soldi in compagnia degli amici. Quando, verso sera, tornò in bottega per eseguire il lavoro si accorse di non avere il cuoio per fare le suole e, quel che è peggio, non aveva più i soldi per comprarne. Non si perse d'animo; applicò alle scarpe dell'amico due suole di cartone che poi tinse con il lucido da scarpe .

Pescón venne a ritirare le scarpe regolarmente e, al mattino presto del giorno dopo, parti in bicicletta con la sua canna e tutta l'attrezzatura. Veniva un'acqua che Dio la mandava, ma si sa che l'acqua non ha mai fermato un vero pescatore e Pescón pedalava deciso sotto quel diluvio alla volta dell'Enza.

Non passò molto tempo però che le suole erano già diventate una poltiglia di carta. Pescón dovette tornare indietro subito e piombò diritto in bottega da Gisto:

« Brutt delinquent, un lavor compagn a 'n amigh? aprofitäros parchè j ò toti su in présia e po són andè via 'd corsa! (fare un a cosa simile ad un amico? approfittarsi perché le ho prese in fretta e sono andato via di corsa)
« Mo cme sit andè? äd corsa? », (sei andato di corsa?) 
chiese Gisto sorpreso 
« A s’ capissa veh, äd corsa » (certo che sono andato di corsa)
rispose il pescatore che non capiva il nesso.
« Tè fat mäl » lo sgridò Gisto. « Còlli in n' eron miga sóli da corsa! » .
(hai fatto male, quelle non erano scarpe da corsa)

Pescón, disarmato, lasciò perdere e per quella volta Gisto la passò liscia.


IL COMMISSARIO DISSERO

All’epoca delle imprese di Re Gisto era famoso, a Parma, il commissario Dissero.

Vestiva in modo elegantissimo, aveva sempre guanti gialli, mezzo paltò alla francese e il bastone con il pomello di avorio. Era un funzionario professionalmente molto abile e, che troverà una morte tragica in occasione di una manifestazione aviatoria durante la quale un aereo precipitò sugli spettatori.

Il commissario Dissero, a motivo del suo mestiere, conosceva molto bene Re Gisto. Aveva anche una certa simpatia per lui perché, giustamente, non lo considerava un criminale, ma un ladruncolo soltanto. Un giorno, dopo l'ennesimo arresto e la conseguente carcerazione, Gisto venne rilasciato e il commissario Dissero volle vederlo prima che lasciasse la guardina. Gli fece una bella predica e gli raccomandò di dedicarsi al lavoro. Sapendo che faceva il calzolaio gli disse:

“ Senti Re, mi raccomando vai fuori, non fare lo sciocco e cerca di lavorare. Se hai bisogno di lavoro vieni a casa mia ti farò riparare le scarpe della mia famiglia e, se necessario, anche quelle dei miei amici. L 'importante è che tu pensi a lavorare e basta “.

Gisto decise di accogliere sia il consiglio che l'offerta di lavoro e il giorno dopo andò a casa del commissario e tornò indietro con un sacco di scarpe da sistemare.

Lavorò sodo tutta la settimana e la domenica mattina ritornò alla casa dei Dissero con le scarpe rimesse a nuovo. Il commissario era a Messa con tutta la famiglia e Gisto fu ricevuto dalla donna di servizio. Mentre la donna riponeva le scarpe, Gisto restò solo in cucina. Il profumo di manzo e gallina che c'era nella casa gli fece perdere il lume della ragione, pescò dalla pentola la gallina bollente, se la infilò sotto il tabarro, salutò e se ne andò. Ma la gallina sparita non passò inosservata.

Al commissario bastò sapere che c'era stato Gisto per immaginare come fossero andate le cose. Per una questione di orgoglio andò personalmente a recuperare il pollo in borgo Parente dove abitava Gisto.

LA VE NDITA DELL’APPARTAMENTO

Gisto andava spesso a Milano dove aveva molti conoscenti e dove non mancava, agli ignari lombardi, di fare scherzi di tutti i tipi.

In occasione di uno di questi viaggi nel capoluogo lombardo andò a far visita ad una amica che faceva buoni “ affari “ in quella città. La donna offrì a Gisto ospitalità per la notte e, la mattina seguente, andò a “ lavorare “ lasciandolo solo in casa.

Nel palazzo capitò un tizio che era alla ricerca di un appartamento in vendita. Quando suonò il campanello alla sua porta, Gisto gli fece visitare l'appartamento dell'amica e, in poco tempo, combinò l'affare. Si fece dare una rispettabile caparra e tornò di corsa a Parma. Naturalmente fini in S.Francesco, ma i soldi li aveva già “bevuti”.

 
LA BICICLETTA

Quando Gisto era al verde non guardava in faccia nessuno e dove poteva faceva il colpo. Aveva un fratello maggiore che non gli assomigliava per niente. Il fratello era infatti un lavoratore serio e scrupoloso e di carattere schivo. Era geloso della propria bicicletta sportiva, che, all'avvicinarsi dell'inverno, puliva, oliava ben bene ed appendeva in cantina. Gisto naturalmente lo sapeva e, in un momento di difficoltà finanziarie, pensò di prendere la bicicletta del fratello e di andarla a vendere.

Quando il fratello se ne accorse non ebbe dubbi su chi potesse essere l'autore del furto.

“ Gisto, disgrassiè, at mè tot su ti la bicicletta! “
(Gisto, disgraziato mi hai rubato la bicicletta)

“ Chi mi ? “  si difese Gisto “ A gh n'é acsì sè di lädor a Pärma, a gh' són miga sól che mi ! ».
(Chi io? – Ce ne sono tanti di ladri a Parma, non ci sono mica solo io)

 
ULTIMI TEMPI

Negli ultimi anni della sua vita, Gisto, era stato mandato al confino a Modena perchè a Parma ne aveva fatte troppe. Per campare girava nei paesi di campagna vendendo statuette di soggetti religiosi.

Quando, dopo aver bussato alla porta di qualche contadino, si sentiva chiedere « chi è?» Gisto rispondeva « Al Sgnór! » .

Una volta, in una giornata particolarmente negativa per il suo commercio di articoli religiosi, egli offrì, per l'ennesima volta, la statua di un santo che in quella zona nessuno voleva comprare.

« Al n'é miga al noster Sant protetor » spiegò una massaia.

« Siora ch' aI al tóga äd listés, l'é so fradel! ».

 

SAGGEZZA POPOLARE

C’è un detto, che Ettore Oddi, il papà di un mio amico, amava ripetere, che è una perla di saggezza che si adatta a molti ambienti.

“Ricordot che quand a t’ vè su ‘na pianta, con pu a t’ vè in älta, con pu i broch i dventon sutil e con pu a te ‘t zlontan da tera.
(Quando vai su di un albero, ricordati che più vai in alto, più i rami diventano sottili e più ti allontani da terra.)

Diceva anche: “A n’ väl miga corror, a väl riverogh in temp” (non vale correre, vale arrivare in tempo) oppure per raccomandare la sobrietà e la prudenza: “Stì ‘tent ragas che la processión l’é lónga e la candela l’é curta”. (Attenti che la processione è lunga ma la candela è corta). Scherzosamente diceva anche: “Fiv coragg, che mi äd paura a gh’ n’ò par tutti” (Fatevi coraggio che di paura ne ho io per tutti). Oppure: “Mi a fagh cme n’ò voja mo quand a ne s’ pól miga a fagh cme pòs”. (faccio come voglio ma, se non è possibile, faccio come posso).

Assomiglia al detto che recita: “Faccio come si fa a Fidenza dove, di quello che non c’è, si fa senza).

 

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