STORIE, ANEDDOTI E BATTUTE
a cura di Giuseppe Mezzadri

RICORDI


Chiesa di San Giovanni

La rozäda äd san Zvan

(La rugiada di S.giovanni)

S.GIOVANNI ( 23 giugno ) – Tradizione dei tortelli di erbetta. Si oltrepassava la mezzanotte per ricevere la misteriosa rugiada considerata un balsamo prodigioso per allontanare i malanni del corpo, un portafortuna e anche un filtro d’amore.

Il significato che la tradizione assegna alla rugiada deriverebbe dal sangue versato dal capo di S.Giovanni. Quel liquido, al contatto col volto, renderebbe bella la pelle e, strofinato sui capelli, li farebbe crescere !

Nella notte di S.Giovanni, per confezionare il nocino, si raccolgono le noci, rese particolarmente adatte per essere bagnate dalla rugiada.

Si colgono anche tante altre erbe utili: ruta, verbena, menta, camomilla, malva, oltre alle erbette (bietole di costa) per i tortelli.

(Enzo Terenzani)

 

Ricordo di Gianpiero Caffarra

A distanza di circa cinque anni dalla scomparsa, mi piace ricordare l’amico Gianpiero, socio dell’associazione culturale “Parma Nostra”, e membro della redazione del “Lunario parmigiano” utilizzando il testo che avevo scritto parecchi anni fa per presentare, scherzosamente, i membri della redazione:

“Gianpiero è uno studioso di dialetto parmigiano e di Parma e possiede una ragguardevole raccolta di libri su questi argomenti.

Nelle cene sociali ama recitare poesie che sono molto apprezzate ma prima di esibirsi ha bisogno di essere incitato per vincere la timidezza. E' capo correttore del lunario e in particolare ama lavorare sul dialetto. Quando si correggono le bozze ci sono sempre molte discussioni, ma alla fine vuole sempre l'ultima parola un po' perché se ne intende e un po' perché, quando si trova in difficoltà, tira in ballo Capacchi di cui è amico.

Comincia a dire:"l'à ditt Capacchi", e bisogna tacere.

 

Riflessione sui “bei vecchi tempi”

La nostalgia per la nostra gioventù non ci deve fare dimenticare i limiti e i difetti dei “vecchi tempi”. Mi faceva notare l’amico Gianpiero Caffarra come la scarsa cultura, ad esempio, portava spesso la gente ad essere poco sensibile nei confronti delle persone che avevano difetti fisici. La maggior parte delle persone non si rendeva conto di quanto potessero soffrire gli interessati a motivo di come questi difetti venivano evidenziati.

Alcuni esempi:

Se uno era zoppo facilmente veniva chiamato; “gambalissa” o “gamba ‘d leggn” o “goma a téra”.

Un guercio; “bél océn”.

Chi aveva bisogno degli occhiali, se gli andava bene diventava; “cuatroc’”

Chi mancava di una mano; “monchén”.

Chi aveva il naso grosso; “canapja”.

Un non udente; “sórd” (Un famoso “sórd” è stato l’oste di borgo Sorgo).

Uno grasso; “pansa ‘d dolégh”.

Se uno era rosso di capelli si sentiva dire che; “Al pu bón di ross l’à butè so pädor in-t-al fos e ‘l pu cativ al l’à magnè viv”.

 

STORIE, ANEDDOTI E BATTUTE

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