STORIE, ANEDDOTI E BATTUTE
a cura di Giuseppe Mezzadri

SAN BENEDETTO: LA BANDA


La Banda di Benedetto


                                            
                              LA BANDA ‘D SAN BENDÈTT


 

Parecchi anni fa, in occasione dell’incontro mensile degli Exallievi dell’Oratorio, chiedemmo a Mario Strozzi, nato nel 1910, Exallievo ed ex suonatore della Banda del San Benedetto: "Cme vala, Stros?" (come va?)

"Don Bosco al me téna al mónd", rispose. Parlava volentieri della Banda perché vi ebbe molte soddisfazioni. Era “Prima tromba” e arrivò anche a suonare, come “Tromba egiziana” al teatro Regio, nell'Aida di Verdi. Mi raccontò ad esempio, di una volta in cui gli abitanti di borgo dei Minelli si lamentarono con don Dagnino perché erano trascurati.

“Da nójetor an vén mäi nisón”, (da noi non viene mai nessuno) dicevano. “Ci penso io”, rispose don Dagnino. Chiamò la Banda del San Benedetto che entrò nel borgo a fare una bella serie di suonate tra l'entusiasmo degli abitanti che offrirono vino. Quando la banda tornò a casa venne accompagnata per un bel pezzo da un corteo di persone in festa. Questo aneddoto, uno dei tanti che si potrebbero raccontare, testimonia, oltre all’attaccamento a don Bosco degli ex allievi, che la Banda del San Benedetto è stata una cosa importante per l’Oratorio e per la città. La Banda infatti era il punto forte di tutte le feste dell’Oratorio, del collegio e accompagnava tutte le gite. Quando la Banda andava a far musica in un paese, all’entrata del medesimo, il maestro faceva fare una sosta. Controllava che tutti fossero in ordine, scarpe pulite ecc. e poi avveniva l’entrata suonando e cantando canzoni del tipo: “Aprite le porte è rivè la banda ‘d San Bendètt”.

Don Bosco amava dire: “Una casa senza musica è una casa senz’anima”. I suoi salesiani, che da 120 anni sono a Parma, già nei primi anni del ‘900 diedero vita alla Banda che iniziò, seppure in sordina, con il coadiutore Pietro Enria al quale, nell’ambito della musica, successe don Carlo Maria Baratta che fu il primo vero maestro. A don Baratta successe il maestro Cav. Augusto Contini che dedicò la vita alla Banda insegnando la musica a decine e decine di giovani. Il maestro prendeva molto sul serio la sua missione e pretendeva serietà dai suoi allievi con vantaggi educativi e di profitto.

In effetti, nel ’52, alla morte del maestro, la maggior parte degli allievi entrò a rafforzare la Banda cittadina “G.Verdi” e per alcuni dei suoi allievi la musica diventò particolarmente importante nella vita adulta, come ad esempio per Franco Aleotti che diventò il noto cantante Franco Lotti e i Valeo padre e figlio che dettero vita all’orchestra Valeo, e altri ancora. Anche nel servizio militare alcuni allievi ebbero il vantaggio di suonare nelle bande (e così qualcuno ha schivato la campagna di Russia).  

Far parte della Banda, in qualche modo, dava una sensazione di elevazione sociale come testimonia il noto arbitro Alberto Michelotti, nel libro di Claudio Rinaldi “Dirige Michelotti da Parma”:

[…Entra nella banda del San Benedetto come tamburino. Quando ci sono le prove o le esibizioni durante le processioni, si pavoneggia per i suoi borghi, prima di passare il fiume e andare in via Saffi. Per la gioia cammina a due spanne da terra. ”Tutti mi guardavano, con questo splendido tamburo d’ottone, bello luccicante. E io passavo apposta in via Imbriani per farmi vedere”…]

Il Maestro era anche un po’ originale. Sconsigliava, per la verità poco ascoltato, i suoi ragazzi dal giocare al calcio che non stimava perché, diceva: “É una cosa che si fa con i piedi”.
 

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