STORIE, ANEDDOTI E BATTUTE
a cura di Giuseppe Mezzadri

STORIE DELL'AMBIENTE
 DI LAVORO


Lungo Parma oltretorrente

La maggior parte del tempo utile si passa nell'ambiente di lavoro che, per questo motivo, diventa un luogo privilegiato per conoscere gente e osservare situazioni.

PENSIONATI

Al Servizio Manutenzione della Barilla, l’azienda in cui ho lavorato parecchi anni, vige la simpatica tradizione di salutare coloro che vanno in pensione con una bicchierata, che si svolge in officina, dopo l'orario di lavoro. E' organizzata da un comitato in cui i compiti sono distribuiti in base alle competenze.

Quelli del comitato organizzatore riescono talvolta a convincere il collega e poeta Fausto Bertozzi a scrivere qualcosa per l'occasione. Egli, quando può, li accontenta anche se il suo "manager" lo consiglia di non scrivere troppo. Fortunatamente però è un po' testone e non sempre gli dà retta. Così, quando lo prende l'estro, butta giù di getto alcune pagine di poesia nelle quali, con singolare abilità, riesce a cogliere i tratti più caratteristici del festeggiato. Sono rime con pezzi di poesia che nascono da una felice miscela di sentimento, ironia e un'"arlìa" che non offende nessuno.  

Questo che segue è un esempio della sua abilità di creare immagini espressive. Per dire che Camillo Saccani non soltanto è un buon amico ma che è uno di quelli come ce ne sono pochi, ecco l'immagine della mano del falegname che, a causa di incidenti sul lavoro, non di rado manca di qualche dito.

     "I ragas tipo Sacàn                      (i ragazzi come Saccani 
   
 
a t'ja cont sora 'na man,             
li conti sopra una mano 
    
mo 'na man da maringón            
ma una mano da falegname 
    
con tri did e du scurtón."             
Con tre dita e uno troncato)

Quella dedicata a Clementina Bonazzi è, a mio parere, autentica poesia. Inizia così:

"S'at fuss nasuda un fior 't sariss 'na vióla 
    
cme colli che il puten'ni i port'n a scóla. 

    
'Na vióla che s'la fuss anca da lè 
    
pur scoza int l'erba la fa bél un prè."

          (Se fossi nata un fiore saresti una viola 
         
Come quelle che le bambine portano a scuola 
         
Una viola che se fosse anche da sola 

         
Pur nascosta nell’erba farebbe bello un prato)  


Teatro Regio

Nei saluti c'e' sempre un po' di malinconia ma a scacciarla ci pensa Bruno Dodi, exmeccanico ora in pensione.

Un collega gli chiese:

"E ti, cme t'vala in pensiòn, Bruno ?" (come ti va in pensione?)

"Molto bene; a pära ch'a sia sempor stè al me mester".  
(sembra sia sempre stato il mio mestiere)

"At gh'é un bel color". (hai un bel colore)

"Ades a gh'ò 'l temp äd därogh do man". (ho il tempo per due mani)

"E la salute cme vala ?"

"Ben, mo sta migh strajär la voza, as fa tant prest." 
(bene, ma non dirlo in giro. Si fa tanto presto)

"E' vera che adateros a fär al pensionè agh vol al so temp ?" 
(è vero che adattarsi alla pensione richiede il suo tempo?)

"As capissa ch'agh vol al so temp. Mi gh'ò miss trenta second; al temp äd caverom la tuta."
 
(certo. Io ho impiegato trenta secondi: il tempo di cavarmi la tuta)

"E pär via dal pär via ?"

"Gnanca pu col lorètt". (nemmeno più con l’imbuto)

Un collega rideva per la battuta e Bruno lo rimbeccò:

"At pol vansär äd riddor tant; a ca' tovva l'é un pés ch'a s' canta "Beati morti".  
(è inutile che tu rida tanto a casa tua già da tempo si canta “Beati morti”, famosa orazione funebre cui i parmigiani danno anche uno spiritoso senso figurato).

Poi aggiunse:

"Ti, at pol dir dabòn la preghiera däl pensionè!"  
(tu puoi recitare la preghiera del pensionato)

"Cme ela ?", gli chiesi incuriosito.

"At ringrassi al me Signor ch'at m'è castrè sensa dolor"  
(Ti ringrazio Signore perché mi hai castrato senza dolore)

C'è chi lo stuzzica:

"Bruno, è vera che al Castlètt a magnevov il ponghi ?" 
(è vero che al Castelletto mangiavate le tope?)

"No, parchè agh seron afesionè; a s' gnäva su ragass insemma".  
(no, ci si affezionava, si cresceva assieme)

Ormai lanciato sui vecchi tempi continua:

"Mi stäva int 'na bela ca', diviza ben. Gh'era cambra e cuzenna, granär e canten'na, tutt int 'na stansa ! A gh'era di mur acsì sutil che al gioron d'incò agh sariss d'aver paura a färogh contra il diapositivi."  
(abitavo una bella casa divisa bene, camera cucina, solaio e cantina tutto in una stanza. C’erano muri così sottili che non si sarebbe potuto nemmeno proiettarvi  le diapositive)

C'era uno che rideva più degli altri e allora Dodi gli disse:

"Stà miga riddor tant ti, ch'at stäv int 'na ca' con 'na scäla acsì bela che, pr'andär su dritt, agh vräva vón sòp." (non ridere tanto, tu abitavi in una casa con una scala così fatta male che per andar su dritti ci voleva uno zoppo) Poi continuò:

"L'era 'na ca' tanta sporca che j inquilén i s' pulivon i pè a 'ndär fora".  
(era una casa tanto sporca che gli inquilini si pulivano i piedi quando uscivano)

Bruno notò che, stranamente, c'era un collega che si limitava nel bere vino e allora gli chiese se per caso non si sentisse bene. L'altro spiegò che non aveva problemi, ma si limitava perchè non gli piaceva come ci si sente la mattina dopo di un giorno in cui si è bevuto più del necessario.  


Monumento a Filippo Corridoni

"Quand a bev, la maten'na dopa  am sent invèrs, con la bocca guasta e la lengua impastäda."  
(quando bevo, il mattino dopo ho la bocca impastata)

Dodi gli insegnò un sistema infallibile, inventato da un suo amico del Castelletto, detto al "Pastiser", proprio per evitare le conseguenze postume di una bevuta:

"A la maten'na dopa,cme te t' lév, bizogna salterogh adoss con mez fiasch äd Frascati; a va a post tutt." (il mattino dopo, quando ti alzi, devi aggredire con un mezzo fiasco di Frascati; va tutto a posto)

Ha avuto disturbi di cuore e si tiene controllato con visite frequenti. Durante una di queste visite lo specialista, il prof. Botti, lo interrogava sulle sue abitudini alimentari; gli chiese anche se beveva alcolici.

"A la sira a bev un whisky parchè al zlärga il coronärji".
 
(alla sera bevo un Whisky perché allarga le coronarie)

"La buza al zlärga !". (La "fossa" allarga)

In officina era presente anche un amico assieme al quale aveva comperato del vino bianco dolce. Questi aveva avuto dei problemi a motivo della cantina poco adatta.

"Bruno, t'el scapè anca a ti al vén ?" (Bruno è scappato anche a te il vino?)

"Si, anca a mi; al m'è scapè bvù !" (sì, mi è scappato bevuto)

Stavo allungando una mano per prendere una "scaglia" di formaggio grana. Dodi, che mi aveva visto, mi mise in guardia affinché non mi aspettassi risultati afrodisiaci:

"Stà 'tenti Giuzép, ch'al n'é miga pù al formaj äd 'na volta. Miga speterot dill gran prestasiòn". 
(stai attento che il formaggio non è più quello di una volta)

"Catlan,dà chi 'l diluént". (Dammi il "diluente")

Bevuta la grappa, riferisce di una sua visita ad uno stabilimento del sud che sorge in una bella vallata tutta coltivata a grano duro ma, proprio per questo, dotata di pochi alberi. Bruno lo spiega a modo suo

"Ragas son ste' a Melfi. A gh'é i can ch'j en disprè: an gh'é gnan na pianta a pagärla un miliòn".

Non manca mai Valori, il tubista che quando aveva occasione di tagliare dei tubi intasati dal calcare scuoteva la testa osservando le stratificazioni e commentava:

"E mi ch'a beva äd l'aqua?". (e io dovrei bere l’acqua?)

Appena lo vide Dodi gli chiese premurosamente notizie:

" Cme vala valori?". (come va?)

" Speremma bén ,adman a vagh a fär j analizi," (speriamo bene, domani vado a fare le analisi)

" A si? E in do' vät, a l'Enopolio? " (l’Enopolio è una nota cantina)

"Dodi, al vot un bicér ?" (vuoi un bicchiere?)

"Si mo s'l'é bón, parchè balord agh l'ò anca a ca' mejja. 
(solo se è buono, balordo ce l’ho anche a casa mia)

Un altro gli fa:

"Dodi an t'ò pu vist" (Dodi, non ti ho più visto)

"T'è pers gnént" (Non hai perso nulla).

Ad un collega che non toccava vino disse:

" At pär un geràn, at bev semp'r äd l'aqua".  
(sembra un geranio, beve sempre acqua)

Ad un giovane ingegnere che continuava a dargli del "lei":

" Dam äd ti. Sa 't me dè äd ti, at n'in vena ancorra indrè".  
(Dammi del "tu". Se mi dai del "tu" te ne viene ancora a te).

Non mancano i sani pettegolezzi. Si parlava di uno che non era un'aquila e Bruno commentò :

"Sa vena la morìa int i stuppid, al fa gnan in temp a marcär visita".  
(se viene un’epidemia mortale negli stupidi non fa nemmeno in tempo a farsi visitare)

E' di rito chiedere ai neo pensionati come si trovano nella nuova condizione. Bertoldi, gran lavoratore, rispose:

"Cme primma a lavoräva vlontera, adess a stagh a ca' vlontera"  
(come prima lavoravo volentieri ora sto a casa volentieri)

Di lui ricordo una battuta che disse in occasione di un'assemblea dei Donatori di sangue dove qualcuno chiese come mai fra i donatori fossero percentualmente più numerosi gli operai degli impiegati. Prima ancora che rispondessero dal palco, Bertoldi commentò ad alta voce:

"Parchè j operäi j an studiè meno mo i capis'n äd pù."  
(perché gli operai hanno studiato meno ma capiscono di più)

Notai un vecchio pensionato che non volle mancare nonostante camminasse con difficoltà.Gli chiesi come si sentisse.

"Semma ancorra chi, mo col gommi sgonfji."  
(siamo qui ma con le gomme sgonfie)

Salutai l'amico Aldo Cabrini con calore:

"Cme vala, vecchio Aldo ?"               (Come va, vecchio Aldo?

"Vec miga tant".                                     Vecchio non tanto

"L'é un compliment".                         È un compliemento

"I compliment j a sarniss mi".           I complimenti li scelgo io)

Aldo è sempre spassoso nelle sue espressioni. Si parlava di anziani che vogliono a tutti i costi fare i giovani e il suo commento  fu il seguente:

"Se von äd  s 'sant'an al diz ch'al se senta cme von äd vint, l'è bele ora ch' al  comincia la cura".  
(Se uno di sessant'anni dice di sentirsi come a venti significa che è tempo che inizi a curarsi seriamente).

Prima di entrare i Barilla Aldo Cabrini lavorava alla Bormioli Rocco. Era Caposquadra nel Reparto Forni. Lavorava e studiava e siccome aveva un cervello di prima qualità, in poco tempo, riusci a laurearsi anche con dei bei voti. Il sig.Rocco aveva apprezzato molto questa dimostrazione di buona volonta'. Lo chiamo' in ufficio, si complimentò con lui e poi gli disse che ormai, come laureato, era destinato a diventare un capo per cui doveva cominciare a farsi rispettare dagli operai e, tanto per cominciare, doveva farsi dare del "lei". Dopo alcuni giorni il sig.Rocco scese in reparto dove, accompagnato da Cabrini, fece un giro tra gli impianti. Mentre camminavano gli chiese se aveva cominciato a mettere in pratica le sue disposizioni.Cabrini lo stava rassicurando sull'argomento quando, da dietro un forno, qualcuno che non aveva visto che c'era il titolare, urlò:

"Aldo, ti e 't'à fat! Venot si o no ch'l'é do ór ch'at spét!."  
(Aldo, te e chi ti ha fatto, vieni o no che sono due ore che ti aspetto ?)

Il sig. Rocco allargo' le braccia e spari' senza fare commenti.

Aldilà delle battute posso dire che in occasione del pensionamento non ho ancora visto nessuno, nemmeno i più "duri", che non si siano commossi.  

 

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